Palazzo San Giacomo (E’ muraiòn in romagnolo) o palazzo Rasponi è un palazzo sito nel territorio del comune di Russi, 15 km a sud-ovest di Ravenna. È stato per secoli la residenza estiva dei conti Rasponi, casato nobiliare ravennate.
Nel 1664 il conte Guido Carlo Rasponi, fratello minore del cardinale Cesare Rasponi, acquistò la tenuta di Raffanara, sita nella campagna ravennate, a circa 2 km dall’abitato di Russi.
Nella tenuta vi erano due edifici. Il più antico era una chiesa dedicata a San Giacomo, esistente sin dal XII secolo[1]. Sotto l’argine destro del fiume Lamone vi erano le rovine di un castrum[2]. I Rasponi edificarono la loro residenza estiva sulle rovine dell’antico castello. Il palazzo fu via via abbellito nel corso degli anni dagli eredi di Guido Carlo.
L’imponenza raggiunta dal complesso sul lato verso il fiume nella seconda metà del XVIII secolo, quasi scomparsa per demolizioni successive, ci è restituita da un dipinto di Antonio Joli individuato nel 2019[3]. Il corpo principale, compreso tra le due torri, era preceduto da una scenografica loggia, che includeva due barchesse laterali e si affacciava su di un’ampia corte, delimitata da un curato muro di recinzione rafforzato e ritmato da coppie di lesene. I tre cancelli della cinta muraria erano affiancati da alti pilastri, ognuno sormontato da una coppia di statue, in tutto dodici. Il cancello antistante la loggia e il vasto spazio della corte si apriva al centro di un tratto curvilineo di muro che sporgeva oltre il perimetro quadrangolare, in modo da protendersi verso il fiume Lamone, dal quale i proprietari raggiungevano il palazzo in bucintoro. Questo cancello, che era quindi il principale, era affiancato da una torre e dalla chiesa, inclusi nella cinta perimetrale. Esternamente era preceduto da due basse costruzioni circolari, in parte già immerse tra gli alberi che, insieme a frutteti, orti e giardini, estendevano l’effetto architettonico del palazzo su di ogni lato del suo articolato e armonico complesso.
Durante il Risorgimento il palazzo, abitato solo d’estate, diventò nascondiglio dei rivoluzionari e sede di riunioni clandestine. La famiglia Rasponi cessò di utilizzare la residenza dopo il 1880.
All’inizio del XX secolo furono distrutti il giardino all’italiana e molti elementi architettonici del palazzo[4].
Nel 1947 la proprietà passò alla Diocesi di Faenza. Negli anni seguenti ignoti portarono via tutti gli arredi e le suppellettili.
Dal 1975 è proprietario il Comune di Russi. Allo stato attuale, si conservano solamente i muri, decorati con preziosi affreschi. Il monumento è visitabile. Negli anni, le infiltrazioni dal tetto hanno portato al crollo di alcune volte ed affreschi.
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